domenica 17 febbraio 2008

Jazz e Cinema: sorprendenti analogie















Ci sono delle sorprendenti analogie che legano la storia della musica jazz e del cinema, anche se i punti di contatto sono stati spesso episodici o casuali. Jazz e Cinema sono due grandi fenomeni che in meno di cento anni hanno compiuto sul piano evolutivo un'accelerazione che non ha paragoni con le altre discipline, il cui cammino è apprezzabile su istanze molto più lunghe, stimate a secoli se non a millenni. Se il jazz ha percorso quanto la musica classica ha fatto in cinque secoli, il cinema ha addirittura percorso quasi mille anni di storia della pittura coniugandosi spesso al teatro e alla letteratura.

Quando il "diabolico marchingegno" inventato dagli ormai famosi fratelli Lumière aveva già incominciato a creare i primi lungometraggi, in una vasta zona che ha il suo centro nella valle del basso Mississippi e il suo punto focale a New Orleans, nasce un nuovo tipo di musica, un incrocio tra ragtime, blues e fanfare europee che in seguito sarà chiamato jazz.

E’ proprio con queste due nuove forme di espressione artistiche, Cinema e Jazz, che il nuovo continente riuscirà ad esprimere qualcosa di autonomo ed originale: una propria identità culturale.

The Jazz Singer (1927)


Il debutto del jazz sul grande schermo, anche se non legato a caratteristiche musicali precise, costituisce una pietra miliare nello sviluppo della cinematografia. Il 6 ottobre 1927 a New York, viene proiettato in anteprima assoluta The Jazz Singer (Il cantante di jazz) di Alan Crosland, che è il primo film sonoro della storia del cinema. Il film ripropone la vecchia parodia divertente e canzonatoria del jazzista nero. In realtà, il sonoro era cantato e non ancora parlato. I dialoghi, infatti, apparivano sotto forma di didascalia come nel precedente cinema muto.

The King of jazz (1930)












Del 1930 è The King of jazz (Il re del jazz) di John Murray Anderson, uno dei primi technicolor hollywoodiani interpretato dal compositore Paul Witheman (e dalla sua orchestra). I veri momenti jazzistici sono brevissimi mentre tutto il resto è composto da una serie di balletti, gags e trovate completamente estranei al jazz. Ecco nascere allora quella confusione tra il vero jazz e tutto quello che si definisce tale, che si è protratta nel tempo e che ancora oggi stenta a scomparire.

New Orleans (1946)











New Orleans (La città del jazz) di Artur Lubin del 1946 con Louis Armstrong, Billie Holiday e Woody Herman. Questo film è una pellicola importantissima nell'iter evolutivo del jazz-film. Innanzi tutto perché fino allora nessuno aveva raccontato attraverso il cinema la storia del jazz. Infatti, in seguito sull'argomento non vi si è più cimentato alcuno, si è preferito descrivere periodi limitati o i singoli protagonisti. Inoltre perché se per metà questo film sceglie la vicenda convenzionale con i pro e soprattutto i contro che in questa convergono, dall'altra utilizza i veri protagonisti del jazz, gli artisti che hanno vissuto in parte o completamente le storie raccontate. L'idea importante sta proprio in questa scelta di usare le jazz-star a metà strada tra i testimonial di sé stessi e le figure che recitano un copione da attori, superando con i canoni della fiction quella idea di testimonianza documentaria che normalmente si ha quando si viene ripresi in veste di sé stessi.

The Fabulous Dorseys (1947)



Nel 1947, nel panorama hollywoodiano, accade un fatto nuovo: uscirà un film The Fabulous Dorseys diretto da Alfred E. Green, una biografia romanzata di due famosi musicisti i fratelli Tommy e Jimmy Dorsey che furono gli unici musicisti a interpretare come protagonisti sé stessi. Tra i musicisti del film c'erano anche il grande pianista Art Tatum e il sassofonista Charlie Barnet. Negli anni Cinquanta sulla scia di questa biografia, molti film s'ispirarono alla vita di musicisti celebri anche se ad interpretare il ruolo del protagonista erano quasi sempre chiamati grandi attori e non musicisti che interpretavano sé stessi come era accaduto nel caso dei Favolosi fratelli Dorsey.

Otto Preminger: L'uomo dal braccio d'oro (1956) e Anatomia di un omicidio (1959)




E' negli anni cinquanta che si può parlare di jazz-film come prodotto hollywoodiano dove il jazz diventa l'elemento essenziale per costruire nuove storie per il grande schermo. Il jazz, grazie al grande lavoro dei suoi artisti, non è più una forma di espressione di serie "z", ma è entrato a pieno diritto nel mondo delle arti. Nonostante questo le pellicole sull'argomento che riescono a non essere ipocrite, ridondanti o smielate, sono poche. Quello che bisogna sottolineare, infatti, è che l'interesse di Hollywood per la musica nera è quasi esclusivamente di tipo commerciale: il jazz vende dischi ed è entrato a far parte della cultura popolare e americana e Hollywood non può lasciarsi sfuggire un fenomeno così fortemente generalizzato, allora lo fa suo, ma in maniera spesso stravolta, leggera e banale. Infatti non è il jazz in quanto tale che interessa l'industria cinematografica ma un qualcosa che sia il più possibile in armonia con le immagini e il gusto di produttori, registi e grande pubblico.
Le cose sembrano un po' cambiare verso la seconda metà degli anni Cinquanta, quando l'attenzione degli intellettuali americani, sembra spostarsi verso un jazz più moderno più in accordo con i temi politici e sociali del momento, anche se ancora sono privilegiati i musicisti bianchi a quelli neri.
Un posto particolare in questo senso spetta sicuramente a Otto Preminger che ha realizzato dei film in cui ha inserito il jazz sia come tematica che come score con delle splendide colonne sonore, cosa rara anche per la nascente Hollywood progressista. Tra i suoi film ricordiamo L'uomo dal braccio d'oro (1956) e il noto Anatomia di un omicidio (1959), un film giallo dove la musica diventa estensione della personalità del protagonista e con una colonna sonora originale firmata da Duke Ellington in un equilibrato connubio tra jazz e cinema. Otto Preminger è anche ritenuto l'inventore del jazz-film opera, un incrocio tra il cinema, il melodramma e le tradizioni afro-americane.

Ascenseur pour l'échafaud (Ascensore per il patibolo)












Nel mondo intellettuale, già alla fine degli anni Cinquanta, la musica afro-americana acquista la piena credibilità e per la prima volta nella storia del cinema, il jazz come colonna sonora di film non musicali va a sostituire le consuete partiture d'impronta tardo romantica e classicheggiante, tanto che molti jazzman e big band leaders si convertiranno alla musica da film con varie tipologie d'approccio al soundtrack cinematografico. E' in questi anni che nascerà la tendenza di utilizzare il jazz come elemento musicale attivo creando così una stretta collaborazione fra regista e jazzman impegnati a costruire un'immagine audiovisiva nella doppia componente acustica e figurativa. Tendenza che nasce con gli indipendenti e l'undergroud americano e con la nouvelle vague francese e le avanguardie europee in genere.
L'emblema del connubio tra jazz e nouvelle vague s'identifica nel film di Louis Malle, Ascenseur pour l'échafaud (Ascensore per il patibolo). Alla fine degli anni Cinquanta, nel 1957, Malle si avvalse della colonna sonora di Miles Davis per il suo film, iniziativa che fu accolta con entusiasmo da molti suoi colleghi che, per il commento musicale delle loro pellicole, contattarono i musicisti anche tra gli artisti emergenti. In questo film la grande interpretazione di Miles Davis, che improvviserà il commento musicale sullo scorrimento delle immagini, farà raggiungere al film momenti così alti che forse anche a detta della critica, senza quella colonna sonora non avrebbe raggiunto. Pochissimo o niente era stato preordinato, si stabilì per ogni brano il tempo, il centro tonale e qualche elemento meritevole di venire evidenziato ciò che ne uscì fu un perfetto connubio tra azione filmica e commento musicale. Purtroppo come esempio del perfetto equilibrio tra jazz e cinema, questo film ne rappresenta l'eccezione e non la regola.